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Obama Obbiettivo:

salvare il capitalismo Usa

2009-02-010

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2009-02-10

Ma il presidente deve fare i conti con La reazione negativa di Wall Street

La crisi economica e i piani di Obama Obbiettivo: salvare il capitalismo Usa

Rischia di degenerare in una catastrofe per le tante famiglie americane: i senza lavoro sono 11 milioni

Crisi, Obama al Congresso: "Sì al piano di stimolo, o il disastro si aggraverà" (9 feb. 2009)

WASHINGTON – Per una fortuita coincidenza, i banchieri e finanzieri americani che hanno causato la crisi più grave del 1929 testimonieranno oggi al Congresso, a 24 ore dall'annuncio del nuovo Piano di stabilizzazione finanziaria da parte del Tesoro, e del passaggio al Senato del Piano di rilancio economico. Dovranno convincere i parlamentari che hanno impiegato bene e che impiegheranno meglio i sussidi dello stato, 2.000 miliardi di dollari tra quelli passati e quelli futuri, secondo le ultime proiezioni. Ma soprattutto dovranno dissipare la sfiducia nei due piani di Obama che la irrazionale caduta di Wall Street minaccia di generare in America.

LA BORSA - La reazione negativa della borsa è attribuita a varie cause, la regolamentazione che il presidente imporrà al mercato, i controlli che compirà sui capitali erogati dallo stato, la relativa modestia dei tagli fiscali e così via. Ma ha un vizio di fondo: il rifiuto di rendersi conto che se i piani di Obama fallissero non rimarrebbe che una alternativa, la nazionalizzazione sia pure temporanea di grandi banche e imprese, un’eresia per Wall Street. Il presidente ha chiesto alla Camera e al Senato, che hanno stanziato due fondi diversi, la prima di 819 miliardi di dollari, la seconda di 838 miliardi, di incontrarsi a metà strada, cosa non facile perché la Camera punta quasi solo sulla spesa pubblica, il Senato anche sulla riduzione delle tasse. Obama conta di firmare il Piano unificato di rilancio dell’economia e di affiancarlo così al Piano di stabilizzazione finanziaria il 16 venturo, in maniera di fermare l’aumento della disoccupazione e il declino della borsa in alcuni mesi, se non settimane.

OBAMA - Il suo obbiettivo è di salvare il mercato, o meglio il sistema capitalistico americano. Ma sarebbe una scommessa perdente se Wall Street non collaborasse. Il presidente potrebbe essere costretto a nazionalizzare mostri sacri come il Citigroup e la General Motors. Una eventualità prospettata dalla rivista Newsweek in un articolo intitolato "Adesso siamo tutti socialisti". "In assenza di un robusto settore privato" ha scritto la rivista "lo stato dovrà riempire il vuoto. Nazionalizzare le banche non sarebbe un complotto della sinistra". Wall Street non solo non sembra pentita degli abusi e gli errori commessi, non sembra neppure disposta a rivedere le sua dottrine. Quel che è peggio, non lo sembrano neanche i repubblicani al Congresso: al Senato solo 3 di loro hanno votato per Obama, nessuno alla Camera. L’ideologia prevale sull’interesse nazionale: per i conservatori, lo stato non può interferire nel mondo degli affari, né può resuscitare il welfare, anzi deve contenere le uscire per non aggravare il deficit del bilancio. Ma come ha ammonito il presidente, la crisi rischia di degenerare in una catastrofe per troppe famiglie americane: i senza lavoro non sono i 5 milioni che riscuotono i sussidi di disoccupazione – sulla base dei dati ufficiali - ma sono 11 milioni, perché 6 milioni non cercano più impieghi e mancano di qualsiasi assistenza, per tacere di svariati altri milioni di sottooccupati. O l’America si compatterà o scenderà ancora più in basso, trascinando con se buona parte del resto del mondo.

Ennio Caretto

10 febbraio 2009

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